Si diventa genitori molto prima rispetto a quando avviene il parto, quel legame unico che si forma già al pensiero di un figlio, di un progetto condiviso e che continua a rafforzarsi nel grembo: immaginarselo oltre le tante ecografie, sentire una dimensione dentro di sé, poter essere in due. Nascono le paure, di non farcela, che debba essere tutto perfetto, i giudizi esterni, possibili imprevisti sfuggiti al controllo, l’idea di non riuscire a comunicare, nuove e importanti responsabilità. Come in ogni progetto, però, si deve avere la speranza. Genitore fa rima con errore ed è assolutamente inevitabile sbagliare. Non esiste una formula magica per far andare bene le cose, uguale per tutti, che possa rassicurarci e semplificarci la vita.
Qualcuno dipende da noi, da come lo guardiamo, ascoltiamo, accarezziamo, incoraggiamo, supportiamo; ogni azione influenza il suo modo di vivere, di vedere il mondo, di sentirlo. Potremmo immaginare i figli come una tela bianca, tutta da creare, ma non basta. E’ una tela unica, con una propria indole, con attitudini diverse che va conosciuta, studiata, rispettata e che rende il compito del genitore ancora più difficile. L’errore è certo, quindi è solo la possibilità di recuperare e mettersi in ascolto a fare la differenza. Quella tra genitore e figlio è una relazione che si deve costruire nel tempo e che cambia continuamente. Tra i bisogni primari troviamo il senso di sicurezza e appartenenza: un bambino deve essere sicuro di trovare la propria mamma quando la cerca, che se la chiama mille volte, lei mille volte si farà trovare; che risponda adeguatamente ai suoi bisogni, che sia sintonizzata su di lui; un punto di riferimento e di amore incondizionato. All’aumentare dell’età cambiano le richieste e solo ponendosi in ascolto attivo si riescono a cogliere i segnali che puntualmente vengono inviati. L’adolescenza dovrebbe segnare il punto critico, di svolta, di resa dei conti di tutto il lavoro fatto finora e che apre nuove e difficili sfide.
Quello che vedo come terapeuta, invece, sono ragazzi e giovani adulti troppo preoccupati di far star male i genitori, di farli soffrire; sono ragazzi ligi ai doveri, frequentano tutte le lezioni a scuola, ogni corso scelto dal genitore e lo portano avanti nel migliore dei modi. Ragazzi impeccabili che hanno timore di sbagliare, proiettati e attenti a madri e padri in crisi, stanchi, piegati dalla vita o distratti dietro telefoni per caricare foto, nuove amicizie o tornare a sentirsi giovani. Sono figli, però, sofferenti, che fanno di tutto per essere visti: uno zaino lasciato aperto, un cellulare incustodito che gridano “controllami”; lasciano tracce sempre più evidenti, ci dicono chiaramente i bisogni, le paure, le sofferenze, le ambizioni e i genitori, in effetti, sono sempre più distratti.
Solo avendo un punto di riferimento sicuro e stabile posso permettermi di allontanarmi, di fare “cavolate” con gli amici, di sperimentare, di conoscermi nelle varie situazioni, nelle varie emozioni, di sentirmi persona indipendente nel mondo.
Il sentimento centrale che deve animare il genitore durante le fasi della vita del figlio è in fin dei conti l’amore: ascoltare con attenzione, essere pronti a rispettare le sue scelte, non giudicare in base ai nostri criteri o a ciò che ci piace, capire di cosa ha bisogno e accoglierlo.
E CON LA PANDEMIA?
Ci troviamo di fronte ad un evento nuovo per noi, che si traduce nel perdere persone care, vivere nella paura, ma anche doverci privare di tempo che non tornerà. A risentirne sono soprattutto i ragazzi, che fanno delle relazioni con i pari una priorità: ciò permette di emanciparsi dai genitori, di confrontarsi come persone autonome, di scoprirsi e fare nuove esperienze. Sono ragazzi stufi del digitale, non ne possono più, non vedono l’ora di uscire per incontrarsi, viversi, guardarsi, mentre i loro genitori sono attenti a sistemare i video di tik tok, scriversi, guardare video… Oggi per quanto complicato, è importante che venga mantenuto e incoraggiato il contatto con i pari, attraverso chiamate, videochiamate, incontri laddove possibile. Sarà davvero difficile per i piccoli invece tornare alla normalità, staccarsi dal genitore al quale ha avuto accesso costantemente, tutti i giorni; dobbiamo fidarci dell’amore e dell’accoglienza delle maestre, sostenere e incoraggiare gli incontri con altri bambini, e a piccoli passi riprendere i rapporti.
COSA NON FARE?
Di storie e situazioni ne sento davvero tante; sembra scontato, ma è bene ribadirlo: violenza fisica e psicologica sono oltremodo vietate, come insulti, svalutazioni, denigrazioni. Creano difficoltà anche punizioni emotive, come non ti voglio bene se non fai questo o non ti parlo per una settimana perché hai preso 4 a matematica; bugie e segreti non detti in famiglia, per cui i figli non capiscono il motivo per il quale i genitori separati continuino a vedersi e dormire insieme o leggere messaggi di flirt in corso e non sapere come gestire la situazione; mancanza di confini e privacy, per cui si pretendono porte aperte, si fanno docce in condivisione o ancora si dorme insieme anche a 10-13 anni… Di esempi ce ne sono infiniti, ma forse la domanda che più ci può guidare è “perché?”, cioè: “questo comportamento/azione/punizione serve all’educazione e alla crescita di mio figlio?”
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